Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
Più di 40mila beni illeciti confiscati al 30 settembre 2013, di cui 21.204 in via definitiva, con la più alta concentrazione geografica al Sud e nelle Isole e un totale che nel complesso risulta pari al 36,4% dei beni registrati dalla Banca dati del Ministero della Giustizia. Sono alcuni dei dati evidenziati da Transparency International Italia all’interno del report “La confisca dei beni illeciti in Italia”, presentato a Napoli lo scorso 27 febbraio e pubblicato sul sito dell’associazione.
Il report, realizzato nell’ambito del progetto europeo “Enhancing Integrity and Effectiveness of Illegal Asset Confiscation – European Approaches”, analizza il sistema italiano di confisca dei beni illeciti attraverso una dettagliata indagine normativa, testimonianze dirette e dati statistici e indaga i punti di criticità del sistema avanzando contemporaneamente raccomandazioni pratiche.
Come sottolineano i curatori della ricerca Giorgio Fraschini e Chiara Putaturo, la confisca dei beni rappresenta infatti uno strumento fondamentale della lotta alla corruzione, in quanto presenta una duplice valenza, punitiva e preventiva. Esiste però anche un rischio, come ha puntualizzato Maria Teresa Brassiolo, past president di TI Italia: quello di creare l’immagine distorta di una criminalità capace di far funzionare le attività e dare lavoro. Un effetto collaterale da combattere attraverso una più efficace gestione delle imprese confiscate, che ne impedisca l’indebolimento o addirittura la chiusura.