Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
Dalla comunicazione istituzionale a quella politica, lo scrittore Gianrico Carofiglio – intervistato a margine del Festival delle Letterature – riflette sui linguaggi del confronto civico, focalizzando l’attenzione sulle presidenziali USA e sul “passaggio epocale” segnato da Trump.
Cosa distingue il linguaggio civile, quello per comunicare con i cittadini?
Il linguaggio per comunicare con efficacia in una dimensione democratica è il linguaggio chiaro: quello che include invece che escludere, che comunica invece che occultare in forma più o meno manipolatoria.
È possibile comunicare valori quando si tratta di politica?
Non è possibile: è doveroso. L’unica forma di comunicazione politica etica è quella che comunica con efficacia dei valori: tutto il resto è o manipolazione/propaganda più o meno detestabile oppure espressione di valori e contenuti fatta in modo sbagliato e inefficace e non è un caso che chi si comporta in questo modo anche se ha ottime ragioni molto spesso perde in politica.
Dal suo punto di vista di persona che si occupa sia di storytelling sia di comunicazione di valori, queste elezioni americane porteranno qualche cambiamento sul piano del linguaggio?
Io credo che la vicenda americana segni un punto di passaggio epocale: è il definitivo divorzio tra la comunicazione politica e la verità. Trump ha detto tutto quello che ha voluto, cose in cui evidentemente lui stesso non credeva neanche per un secondo, eppure questo ha funzionato perché la gente è sempre più intossicata da un lingua vuota di contenuti. La gente - espressione banalizzante ma purtroppo rilevante – vuole sentirsi dire una serie di cose in cui potersi abbandonare al rancore, all’odio verso il resto del mondo, verso i diversi: lui ha vinto capendo questo meccanismo. Non sappiamo cosa farà, è possibile che farà cose completamente diverse, certo è che la comunicazione politica dopo questa vicenda non sarà più la stessa.