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KNOWLEDGE POWER

Il valore della conoscenza e le opportunità offerte dai nuovi media per una rinnovata “cultura della condivisione”. Anche e soprattutto nell’azienda. Nell’ultimo libro di Roberto Spingardi e Gabriella Rocco, una possibile risposta alle sfide aperte dalla crisi. Punto di (ri)partenza: la persona.

La conoscenza è un valore assoluto. Lo è ancora di più quando diventa patrimonio comune, risorsa condivisibile da più individui e a più livelli. Un principio, questo, che vale a maggior ragione per le Istituzioni e le imprese: ogni organizzazione, infatti, ottiene qualità aggiunte proprio dalla messa in comune e scambio delle competenze dei suoi componenti.

È questa la tesi sostenuta nel libro Il potere del knowledge management. La centralità della persona (Logo Fausto Lupetti Editore), firmato a quattro mani da Roberto Spingardi, manager di lungo corso, docente e scrittore, attualmente direttore Corporate Knowledge di Invitalia, e Gabriella Rocco, Corporate Knowledge Manager Invitalia, una lunga esperienza nella comunicazione istituzionale e pubblica, con un particolare interesse per i temi dell’open government e del web 2.0.

Proprio l’avvento dei social media e degli user generated content rappresenta, secondo gli autori, il principale motore del passaggio epocale a cui stiamo assistendo, verso una vera e propria “cultura della condivisione”. In questo passaggio, l’individuo riacquista un ruolo centrale: un cambiamento di cui anche l’azienda deve deve tenere conto.

«Conoscenza, condivisione, motivazione e partecipazione – scrivono gli autori – diventano le parole chiave che, attraverso strumenti come il knowledge management pongono al centro la persona per un recupero dell’etica sociale». Un corretto ed efficiente sistema di gestione della conoscenza, infatti, «libera e trasforma in valore comune soprattutto le conoscenze pregiate dell’impresa, con evidenti risultati positivi sul prodotto o servizio e sul conto economico, garantendo un vantaggio competitivo nei confronti del mercato».

Un concetto condiviso anche da Nicola Zingaretti, che ha firmato la “Nota conclusiva” al volume: «Dimostrando il legame inscindibile che intercorre tra la costruzione di un’economia della conoscenza e la riaffermazione della centralità della persona (uomo-individuo e non più uomo-massa) nella società come nell’organizzazione di impresa, i due autori ci pongono di fronte ad una rivoluzione radicale rispetto al paradigma produttivo e sociale novecentesco e ci costringono a considerare le precise implicazioni che questa scelta comporta».

E se è vero che i nuovi modelli di knowledge management trovano nel web il loro ambiente ideale, è anche vero che il principio della centralità dell’individuo ha precedenti illustri. Come quello ricordato da Sergio Rizzo nella sua Prefazione, quando racconta della frase rivolta da Adriano Olivetti, che così accolse in fabbrica un giovane Furio Colombo, nei lontani anni ’50: “Voglio che lei capisca il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri”. E Olivetti, precisa Rizzo, «l’aveva visto, “il nero” di qualche lunedì. Tornato dagli Stati Uniti, dove aveva passato sei mesi fra industrie e catene di montaggio a studiare l’organizzazione del lavoro degli americani, era finito in officina come semplice operaio. E si era fatto subito un’idea precisa».

Per questo, conclude il giornalista, quando si parla di sapere imprenditoriale, «l’importante è ricordare certi insegnamenti. Come quelli di un signore di Ivrea che ai suoi collaboratori amava ripetere: “Penso l’uomo per la fabbrica, non la fabbrica per l’uomo…”. E ripartire da qua».

 

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