Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
In un certo senso anticipò l’era digitale. Di certo inaugurò in Italia un filone di ricerca – lo studio della cultura di massa e dei suoi prodotti, dal fumetto ai film alla musica leggera – che all'epoca molti intellettuali nostrani evitavano accuratamente, con una punta di snobismo tardo-moderno. Parliamo di "Apocalittici e integrati", il saggio di Umberto Eco pubblicato nel 1964 e diventato subito un culto accademico e non solo, dando vita a una formula fortunatissima e continuamente citata.
Il cinquantenario della pubblicazione, celebrato con un evento di cui riportiamo un estratto video con alcune duichiarazioni dello stesso Eco (vedi video), ha sollevato svariate riflessioni tra i cultori della materia sull'attualità delle teorie esposte nel libro e la loro applicabilità al nuovo contesto mediale. Ne è scaturito un vivace dibattito, che l'editore Derive Approdi ha ricostruito attraverso diverse voci nel volume appena pubblicato "50 anni dopo Apocalittici e integrati", a cura di Anna Maria Lorusso.
Tra i contributi inclusi nella pubblicazione – che annovera saggi firmati da alcuni dei maggiori esperti italiani di media, semiotica e comunicazione, quali Gianfranco Marrone, Alberto Abruzzese, Marco Belpoliti, Fausto Colombo – anche l'intervista esclusiva rilasciata da Umberto Eco lo scorso anno a ICS magzine, dove l'autore riflette con acutezza e ironia sulla natura più o meno “apocalittici” della cultura digitale e i suoi effetti sulla memoria collettiva.