Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
Quanti sensi ha la parola patrimonio? E quanti patrimoni abbiamo in Europa, troppo spesso abbandonati o dimenticati? A settembre in tutta Europa si sono celebrati gli Heritage Days e a Bruxelles in particolare l'evento è stato accompagnato dall'annuncio della futura apertura di una Casa della Memoria Europea.
Per un fortuito, ma significativo caso, appena due giorni dopo anche noi eravamo a Bruxelles, per la seconda edizione di ICS Europe, dedicata allo stesso tema, che abbiamo affrontato con il consueto spirito internazionale e interdisciplinare, ma con una particolare attenzione e sensibilità per i temi europei.
Perché, come abbiamo detto più volte in questa rubrica, siamo convinti che sia proprio l'Europa, nonostante o forse proprio in virtù della crisi in cui versa, la chiave per un modello nuovo di benessere e di partecipazione, in cui la comunicazione non sia solo strumento, ma un principio relazionale, una logica profonda, che preferisca la fiducia alla seduzione, i valori ai prodotti, il coinvolgimento alla consumo.
Trust, engage and share. Il futuro della comunicazione pubblica si gioca su queste parole chiave. Ma è un futuro saldamente ancorato ad alcuni modelli passati, che forse è arrivato il momento di recuperare e rivitalizzare, alla ricerca di una nuova avanguardia. Pensateci: è stato Omero il primo storyteller. E il primo grande esempio di dialogo interculturale ha visto la luce grazie all'eclettismo dell'impero romano.
Non si tratta però di ripetere i triti argomenti di un ritorno al passato, ma di invertire lo sguardo trasformando il passato da archivio polveroso di testimonianze a fonte viva di modelli ripetibili e riadattabili. Perché è questo che distingue il patrimonio: la sua trasmissibilità, la capacità di generare e ri-generare. Ed è questo che abbiamo chiesto ai partecipanti al nostro summit: di aiutarci a riscrivere il futuro.