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La primavera araba nell’informazione europea

Presentata in anteprima a ICS 2011 la ricerca dell’Osservatorio di Pavia sulla copertura informativa, in Italia e in Europa, delle rivoluzioni del Mediterraneo nell’ultimo anno.

Antonio Nizzoli responsabile dell'Osservatorio di Pavia, durante ICS ha presentato in anteprima i risultati di una ricerca dedicata alla rappresentazione della primavera araba sui media europei, che ha evidenziato, prima di tutto, come la “Primavera Araba” abbia sicuramente occupato uno spazio rilevante nell’informazione dei telegiornali pubblici europei. Tutti hanno infatti seguito l’evoluzione delle rivolte, il processo di democratizzazione, la guerra in Libia, i flussi dei profughi. Emerge un legame privilegiato tra i paesi e le loro ex colonie, che spinge ad esempio la Francia a seguire con più attenzione la Tunisia e la Gran Bretagna l’Egitto. L’atteggiamento della rete pubblica italiana, che sintetizza quella di tutta l’informazione nazionale, si distingue per alcuni tratti peculiari. Il primo è la declinazione prevalente secondo l’ottica dell’emergenza flussi migratori. La maggior parte dei servizi infatti descrive gli sbarchi, le partenze dalle coste nordafricane, gli incidenti in mare, la gestione dei profughi al loro arrivo, la situazione dei Cpt etc. «Sicuramente sarebbe distorto sottovalutare l’emergenza che ha toccato l’Italia, anche se l’ottica con cui è stata affrontata sembra mediaticamente un poco eccessiva» ha commentato Nizzoli, nel presentare i dati. «L’esodo di migranti, l’invasione di migliaia di persone, il rischio di essere travolti da flussi incontrollabili ha improntato l’informazione dei telegiornali nostrani, dimenticando la reale entità del fenomeno». Secondo il Ministero degli Interni dall’inizio dell’anno a settembre sono 51.596 i cittadini extracomunitari approdati sulle coste italiane nel 2011, su un totale di 60.656 sbarchi: «Numeri importanti – ha sottolineato – ma comunque lontani da esodi e invasioni; di sicuro infinitamente minori di quelli relativi ai rifugiati riversatisi ad esempio in Germania dopo le guerre nell’ex Jugoslavia, come ha notato tra gli altri il demografo Gérard-François Dumont». Gli altri telegiornali europei, invece hanno sottolineato soprattutto le dimensioni impressionanti dei flussi interarabi, con l’affollamento di centinaia di migliaia di persone nei campi profughi alle frontiere di Tunisia ed Egitto. Nel complesso, l’ottica emergenziale sembra aver messo in secondo piano la sfida che si sta profilando al di là del Mediterraneo, dove sono in gioco per la Ue in generale e per l’Italia in particolare enormi opportunità. «Proprio il ruolo della Ue – ha aggiunto Nizzoli – è un altro aspetto importante. La voce europea ha brillato infatti per il suo silenzio. Le dispute su Schengen, le interpretazioni sul caso Ventimiglia, le diverse visioni e relative scelte sull’intervento in Libia sono tutti segnali di una straordinaria debolezza dell’Unione Europea e di una preoccupante prevalenza della logica del "ognuno per sé". Un’atteggiamento che ha relegato in secondo piano anche il contributo militare italiano in Libia, ignorato dagli alleati e trattato come tema ingombrante dall’informazione nazionale. In estrema sintesi i mesi presi in esame forniscono uno spaccato interessante su due debolezze. La prima è un’Europa divisa e in mano agli interessi nazionali. La seconda riguarda la politica in senso lato del nostro sistema Paese: «Proiettati in mezzo al Mediterraneo, con interessi enormi – ha concluso Nizzoli – abbiamo vissuto una stagione dagli esiti potenzialmente ricchissimi di opportunità chiudendoci a riccio, preferendo sottolineare gli sbarchi al posto di evidenziare l’arrivo della democrazia per più di 100 milioni di persone». 

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