Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
«Il Mediterraneo è stato il più grande laboratorio mondiale di civilizzazione per millenni. Per questo, abbiamo chiesto a giovani artisti di esplorarne l'eredità e il presente, per capire prima di altri dove stanno andando le civiltà, le culture, le relazioni di fiducia tra Istituzioni e cittadini che saranno cruciali per il futuro di quest'area»: così Franco Pomilio, ideatore e promotore di Blumm Prize Future Frames Comparing identities, ha ricordato gli ambiziosi obiettivi del premio fotografico internazionale durante la serata di premiazione a Bruxelles.
L'evento, svoltosi nell'Ambasciata d'Italia in Belgio (con la partnership, tra gli altri, di Reporters Sans Frontieres, Euro Mediterranean Network, Rubettino Editore e ICO), ha visto affermarsi l'opera "My home, my prison" della fotografa francese Laetitia Vancon.
Il lavoro, ricordano i componenti della giuria ed il curatore Stefano Schirato, è stato giudicato vincitore perché «copre in profondità il fenomeno della faida in Albania tra clan, governato dalla tradizione del “Kanun”, un codice di leggi che comprende il diritto di uccidere per vendicare un omicidio precedente secolare. L'unico modo per sfuggire alla vendetta resta quello di rimanere a casa, un luogo considerato dal “Kanun” inviolabile. Il reportage con immagini molto ben fatte, delicate, si arricchisce di contenuti scritti e storie personali ed ha un titolo di grande impatto».
All'evento di Bruxelles hanno partecipato, oltre a Franco Pomilio, l’ambasciatore italiano in Belgio Alfredo Bastianelli e i membri del comitato scientifico, tra cui Chris Warde-Jones, fotogiornalista che collabora tra gli altri con il New York Times e il Times. Con loro in giuria Domenico Affinito, editor e corrispondente contenuti digitali di RCS Group nonché vice-presidente in Italia di Reporters Without Borders, Chiara Spat, photo editor per il magazine Grazia e membro di GRIN – National Iconographic Editors Group.