Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
«Le cose che utilizziamo ogni giorno arrivano da tutto il mondo: beviamo acqua delle Fiji, usiamo fotocamere del Giappone e laptop cinesi. Eppure, l’informazione non sembra avere la stessa capacità di “viaggiare”: oggi tendiamo a dare molta più attenzione alle notizie locali di quanto non facessimo quarant’anni fa». Ethan Zuckerman non ha dubbi sull’esistenza di una profonda contraddizione tra quello che la parola “rete” sembra suggerire e lo stato attuale del suo impiego.
Per il noto blogger statunitense, direttore del Center for Civic Media del MIT e autore del saggio Rewire: Digital Cosmopolitans in the Age of Connection, il nostro è un mondo iperconnesso ma sempre più piccolo. Fautore di questo paradosso sarebbe proprio la rete Internet, che avrebbe reso facilmente accessibili contenuti e risorse tagliate sul nostro interesse, acuendo una sorta di miopia sul mondo di cui non abbiamo esperienza diretta.
«Aiutarci a capire cosa succede nelle varie parti del mondo, cosa interessa le persone in ognuno di questi angoli, come essere davvero connessi: è questo – afferma Zuckerman – l’obiettivo di Internet, il terreno su cui può esprimere il suo potenziale più alto e più importante. È una sfida che possiamo affrontare ed è quella di cui parlo nel mio libro».
In merito alla scrittura, Zuckerman si dichiara vittima possibile dello stesso meccanismo di “selezione locale” che individua nell’attuale fruizione della rete web: «Cerco di non ipotizzare a priori le conoscenze del mio lettore: il mio intento è scrivere per un pubblico globale informato ma so che spesso le mie prospettive e opinioni hanno una prospettiva statunitense. Per questo, cerco di esplicitare il più possibile il contesto: dovremmo tutti immaginare un lettore che non ha il nostro stesso background e cercare di scrivere per lui».