Un tempo, l’Italia è stata la capitale Europea del design.
Siamo tutti “consumatori di bellezza”. In un mercato pensato per emozionarci, viviamo sempre di più di esperienze estetiche: veloci, agili, “leggere”, proprio come i nostri smartphone. A dirlo è il filosofo “ipermoderno” Gilles Lipovetsky, in questa intervista in uscita per il prossimo Blumm ICS Mag (di cui anticipiamo un estratto).
Il “capitalismo artista” è la formula che ha coniato per descrivere il modo in cui l’arte sta cambiando il proprio ruolo nella società: cosa intende esattamente?
Con il “capitalismo artista” identifico la produzione della creatività nell’ambito manifatturiero e dell’economia culturale. Questa nuova prospettiva determina un capovolgimento dei valori di consumo, legati sempre meno ai prodotti e sempre più all’esperienza, che acquisisce un ruolo centrale nella società. L’economia dell’esperienza, o del capitalismo artista, è allora quell’economia che persegue la creazione delle emozioni a partire da un racconto, come avviene ad esempio nel cinema o nella TV, oppure dalla scelta delle forme, che introduce ciò che chiamiamo globalmente “bellezza”. Ed è ovunque: non solo nell’industria culturale o della comunicazione, come è prevedibile, ma anche negli oggetti più banali.
Quali sono i rischi e le opportunità legati a questa “esaltazione del sentire”?
Le trasformazioni legate all’arte capitalista hanno determinato una crescita esponenziale della figura del creativo e degli artisti cosiddetti “amatoriali”, frutto della democratizzazione del desiderio di creazione e delle sue manifestazioni: giovani designer, cantanti, ballerini, attori, e gli artisti propriamente detti come gli scultori e i pittori sono sempre più numerosi. E la cosa ancora più interessante è che il fenomeno del capitalismo artista è riuscito a plasmare anche il gusto estetico della maggior parte di noi: tutti siamo alla ricerca permanente di emozioni estetiche attraverso il consumo.
Il suo ultimo libro è dedicato alla leggerezza. Nella prima delle sue Lezioni Americane Italo Calvino definì la leggerezza “un valore anziché un difetto”. Che cos’è per lei la leggerezza?
Condivido l’idea di Calvino, e nel mio libro parlo di come oggi la leggerezza abbia cambiato il suo status. Il tema della leggerezza è sempre stato familiare agli uomini, è legato ai giochi, ai sogni, ed è una dimensione antropologica. La novità è che oggi non è più marginale: la logica della leggerezza si ritrova in tutti gli ambiti della vita sociale ed economica. Si pensi solo alla tecnologia e alla nanotecnologia, che ci propone apparecchi sempre più leggeri, quasi invisibili. Esempi che ci mostrano come la leggerezza non appartenga più solo all’immaginario e al mito: è diventata reale e definisce il mondo dematerializzato e digitale in cui viviamo.
La versione integrale dell’intervista a Gilles Lipovetsky sarà disponibile sul prossimo Blumm ICS Mag.